Podismo. Morassi della Rigel alla Maratona di New York

08.11.2018 21:29 di  Daniela Acciardi   vedi letture
APD Rigel
APD Rigel

Tutti per uno, uno per tutti. Questo motto è quello che meglio si addice ad una squadra che in ogni gara si distingue per simpatia. Probabilmente una delle poche, se non l’unica in cui anche l’ultimo arrivato è atteso con entusiasmo da tutti gli altri. Il tifo da stadio e la simpatia è quindi il marchio di fabbrica dell’APD Rigel, che lo scorso fine settimana si è fermata per ammirare unita l’impresa di Marco Morassi. Uno che questa volta ha fatto per tutti.

L’eroe alato domenica 4 novembre è infatti volato oltreoceano in compagnia della consorte per mettersi alla prova nella gara podistica più famosa e probabilmente più seguita al mondo: la Maratona di New York.

Non è importante il tempo, l’unica cosa che conta è esserci e magari terminarla. Già solo poter indossare il pettorale con la scritta “NY City Marathon” è come vincere alla lotteria. E infatti Morassi ha vinto la lotteria, poiché, non tutti le oltre 100.000 richieste di iscrizione ogni anno vengono accettate. Infatti, la scelta dei partecipanti avviene proprio tramite una lotteria, pur privilegiano chi ha già partecipato o chi ha eccellenti tempi di qualificazione.

È lui stesso a raccontarci la sua grandiosa esperienza, e vale la pena leggerla così come è arrivata, con la freschezza e l’emozione a caldo di un’avventura più unica che rara.

«New York è la meta di ogni maratoneta. Non di sicuro per fare il miglior tempo personale perché è molto “nervosa”, dislocata con vari dislivelli... ma fin dai primi chilometri c’è un tifo che ti fa volare. Introvabile in altre corse.

«Man mano che passano i chilometri il tifo delle persone più strane è fondamentale.

«La prima difficoltà si incontra dopo 25 km di corsa. Le gambe, già provate da diversi dislivelli, si arriva a Queensboro bridge. Un ponte in salita di 1.800 mt che sembra non finire mai.

«Poi teoricamente si entra a Manhattan. Il tifo è sempre più forte e le gambe sempre più stanche. Ma le emozioni a non finire ti fanno andare avanti.

Al 34° km i primi crampi dovuti a una preparazione non perfetta per guai al ginocchio. D’altronde si sa, la maratona presenta il conto verso la fine… e io lo pagherò... caro.

Da lì fino alla fine è un calvario. Ma le persone sui bordi della strada ti caricano e ti incitano a non mollare.

«Si termina a Central Park. È lunghissimo, ma sembra davvero di essere in un film. Sono emozioni che rimarranno per sempre. Al traguardo quasi si piange»...

Ed è con le lacrime agli occhi per la commozione che lo accoglieremo al suo ritorno, in attesa delle innumerevoli avventure di tutta la squadra.