Sacilese Calcio, il triste declino dell'Accademia del Livenza

"Parole da scrivere nel vento e sull'acqua corrente". Così giudicava Catullo le promesse di Lesbia, la sua amata. Lo stesso effetto hanno avuto quelle degli spasimanti della Sacilese. Fiato e tempo speso per nulla da Vincenzo Lisetto e Claudio Salvador i capocordata dei due gruppi che si sarebbero nei giorni scorsi contesi la società biancorossa. Interessi destinati a dissolversi sin dall'inizio, viste le condizioni pregiudiziali: "Dateci la società libera da pendenze". Troppo facile fare i salvatori della patria a costo zero. O meglio, partendo da zero. In realtà c'è un sottozero che non si può cancellare. E' il "buco" lasciato dalla gestione Presotto-Nadal, ingigantito da quella di Francesco Baù, ereditato da Andrea Giusti e soci. "Scrivete - ha invitato Pino Ielo -: vendo la Sacilese per 10 mila euro". Diecimila, come a poker, per andare a vedere e scoprire poi cosa c'è dentro lo scatolone biancorosso. Qualcuno dice un passivo di 250 mila euro. Giusti, amministratore delegato del pacchetto liventino intestato a sua madre, dice che il rosso non supera i 60 mila. L'a.d. afferma anche che lui non vuole vendere e che iscriverà la squadra al torneo di Eccellenza. Due voci diverse che indicano fratture anche fra gli stessi romani. Sacile non può stare senza Sacilese. Il XXV Aprile non può restare cattedrale nel deserto. Sono queste le due assunzioni che tengono in vita l'utopia biancorossa. Nel corso delle recenti "trattative" qualcuno però avrebbe addirittura detto: "Mi prendo la Sacilese e la porto a giocare a Rieti". Pensiamo sia stata una boutade. Non lo fosse chi l'ha pronunciata dovrebbe darsi da fare alla svelta per provare almeno a ottenere una più che problematica autorizzazione dalla Figc, indicando il campo dove verrano disputate le gare interne e garantendo di coprire le pendenze federali che verranno rendicontate il 30 giugno. Un mese fa lo stesso Roberto Ceraolo aveva ipotizzato una soluzione diversa che implicava la "promozione" della Liventina (alla denominazione della quale si sarebbe aggiunta l'aggettivo Sacilese) a prima realtà calcistica cittadina, lasciando così la vecchia Sacilese ormai romana al suo destino. La revoca della concessione del XXV Aprile a Giusti e soci e l'assegnazione temporanea della struttura alla gestione di Sereno De Marco (presidente della Liventina) andavano probabilmente verso questa soluzione. La levata di scudi della nobilitas cittadina pro Sacilese ha portato all'uscita allo scoperto di tanti salvatori della patria il cui petto si è però sgonfiato alla visura dei libri contabili della srl. Si è buttato via un mese intero e ora è troppo tardi per richiedere in tempo il cambio di denominazione. Non solo: l'ostracismo della nobilitas ha raffreddato anche l'entusiasmo dello stesso De Marco non più tanto propenso a sacrificare la sua "isola felice" Liventina per il bene comune. "In fin dei conti - ha detto il presidente dei biancocelesti - noi stiamo tanto bene nel nostro rinnovato Sfriso". Come dargli torto?
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